Assistenza, medicina, società

Collana editoriale diretta da Alessandro Vallarino. Email: assistenza.medicina.societa@gmail.com

Archivio dell’Ospedale Neuropsichiatrico di Racconigi











Sabato 19 giugno 2010, ore 10.30, Sala Conferenze Archivio di Stato di Torino, Piazza Castello 209 – Torino (ingresso da Piazzetta Mollino)

La storia della scienza medica assume in questa collana il volto degli uomini e delle donne che hanno popolato le strutture sanitarie del nostro territorio, lasciando una traccia umana indelebile: la ricerca, la sperimentazione, il confronto con la realtà accademica, la pratica clinica quotidiana, ma anche le vicissitudini politico-amministrative, il rapporto con la società esterna al microcosmo ospedaliero, le relazioni con le altre strutture sanitarie nazionali ed internazionali, le scommesse scientifiche e gli ideali sociali… Sono scienziati, medici, infermieri, amministratori, benefattori, pazienti: tutti offrono uno stralcio di storia, tutti raccontano uno scorcio di vita, offrono una prospettiva altra, più ampia o più profonda sulla nostra memoria collettiva di cittadini. La Collana, edita in collaborazione con la Soprintendenza Archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta – Ministero per i Beni e le Attività Culturali, valorizza un estesissimo patrimonio archivistico che è di fatto patrimonio culturale in senso ampio, intellettuale, sociologico, etnografico. Non solo inventariare e conservare, dunque, ma lasciare che i documenti d’archivio parlino, si aprano a svelare una memoria viva, che riannoda i fili con il passato e proietta le sue suggestioni nel nostro futuro.

Presenterà il volume "Archivio dell’Ospedale Neuropsichiatrico di Racconigi":
Paolo Peloso, psichiatra, criminologo clinico e psicoterapeuta.

Intervengono per il Ministero per i Beni e le Attività Culturali:
Luciano Scala Direttore generale per gli Archivi
Anna Pia Bidolli Direzione Generale per gli Archivi. Servizio II Tutela e Conservazione del Patrimonio Archivistico
Mario Turetta Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte
Marco Carassi Direttore dell’Archivio di Stato di Torino
Micaela Procaccia Soprintendente Archivistico per il Piemonte e la Valle d’Aosta
Alexandra Kolega Soprintendenza Archivistica per il Lazio. Responsabile del Progetto Nazionale “Carte da Legare”
Per l’Azienda Sanitaria Locale Cuneo 1:
Corrado Bedogni Direttore Generale

Saranno presenti:
La curatrice Daniela Caffaratto e gli autori dei saggi presenti nel volume:
Massimo Moraglio: “La costruzione del manicomio
Silvano Montaldo: “Lo psichiatra e l’antropologo criminale: Oscar Giacchi direttore del Manicomio di Racconigi
Massimo Tornabene: “Da Manicomio ad Ospedale neuropsichiatrico: l’OP di Racconigi e le due guerre mondiali”.
Giuseppe Gazzera, Alessandro Vallarino: “Memoria non è peccato finchè giova. Note sul superamento dell’ex ospedale psichiatrico di Racconigi, dieci anni dopo”.
Daniela Caffaratto: “Un itinerario attravero la storia del Manicomio di Racconigi. Fonti correlate per la storia dell’ospedale psichiatrico per la provincia di Cuneo in Racconigi
Rosanna Cosentino, Cristina Covizzi. “L’archivio clinico
Daniela Bello: “Introduzione storica”.
l’Editore, Riccardo Lorenzino.

Promuovono:
Soprintendenza Archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta
Centro Studi Psichiatria e Scienze umane della Provincia di Cuneo Onlus
Asl Cuneo 1
Hapax Editore




Guerra e psichiatria

Sul N° 1, 2008 (VOL. CXXXII) della Rivista Sperimentale di Freniatria è apparsa una interessante recensione, a firma di Francesco Paolella, del volume di Massimo Tornabene La guerra dei matti che riportiamo integralmente. La Rivista Sperimentale di Freniatria, il più antico periodico italiano di psichiatria, esce ininterrottamente dal 1875. Essa pubblica lavori nell’ambito della salute mentale superando le angustie di una logica strettamente disciplinare e privilegiando il dialogo fra saperi contigui, accomunati dall’interesse per la persona e la società, con l’intento di contribuire in tal modo alla ricerca del senso e del significato delle condizioni di sofferenza e benessere psichici (per accedere al sito della Rivista cliccare sul titolo del post)

Massimo Tornabene, La guerra dei matti. Il manicomio di Racconigi tra fascismo e Liberazione. Boves: Araba Fenice; 2007, pp. 172. Euro 14.

Il libro nasce dallo studio di diverse fonti (cliniche ed amministrative), tutte riferite al manicomio di Racconigi (in provincia di Cuneo). Il periodo analizzato è quello compreso fra il 1938 ed il 1947. Questa scelta temporale (più ampia rispetto ai soli anni di guerra) permette di avere uno sguardo d’insieme sulla situazione di un luogo significativo della psichiatria italiana, negli anni cruciali del fascismo, della guerra, della Resistenza. Non bisogna tralasciare, d’altra parte, le peculiarità rappresentate dalla provincia “granda” cuneese, e soprattutto in quegli anni: terra di confine con uno stato nemico, poi anche terreno di scontro fra occupanti e resistenti. In sede di introduzione, Massimo Tornabene riconduce il suo lavoro a due principali punti di riferimento storiografici. In primis, l’avere ben presente il carattere di “guerra totale” proprio del secondo conflitto mondiale: in sintesi, una guerra senza più distinzione fra civili e militari, senza più luoghi specificamente riservati al combattimento (basti pensare al trauma dei bombardamenti aerei), senza più distinzione fra lotta militare e lotta politica (non a caso, a questo proposito, è stata recentemente proposta la formula di “guerra civile europea”). In secondo luogo, l’autore ha voluto evitare di considerare le vicende del “Neuro” di Racconigi, per così dire, “in astratto”, come un universo estraneo al suo contesto (politico e territoriale). Nel volume è proposta, invece, oltre che un costante confronto fra internati, psichiatri ed infermieri, anche una descrizione puntuale delle relazioni fra l’ospedale psichiatrico e le famiglie, il potere politico, il potere militare ed il potere giudiziario, così come, in generale, tutti i mediatori sociali coinvolti (podestà, sacerdoti, medici). In altri termini, il libro offre “(…) un confronto che, indagato in una situazione eccezionale quale l’emergenza bellica, ha mostrato come l’ospedale psichiatrico non si riveli un’ ‘isola tagliata fuori’ dal tempo e dalla storia, bensì un mondo assai più complesso e articolato” (p. 19). L’autore ha focalizzato la sua attenzione sulle storie degli internati piuttosto che sulle vicende amministrative e politico-istituzionali, o, ancora, sulle biografie dei medici e del direttore. Le cartelle cliniche sono interessanti, allo sguardo dello storico, soprattutto per tre elementi che, di norma, le compongono: l’anamnesi familiare (compilata in sostanza per trovare un’eredità della patologia), i diari clinici e la corrispondenza fra la direzione del Manicomio e tutta la serie di soggetti sociali e giuridici, interessati agli internati. Si tratta di carte di diversa natura: richieste di sussidi (economici o alimentari), documenti giudiziari, lettere di raccomandazione, richieste di certificati o di congedi militari. Di particolare interesse sono i risultati della ricerca sull’influenza che il fascismo ha avuto sulla quantità e sulla qualità degli internamenti manicomiali. Ad esempio, nei resoconti dei deliri, che troviamo nei diari clinici, appare assai di frequente l’onnipresenza della propaganda (ma diremmo in breve la violenza) fascista. Il fascismo emerge nel doppio ruolo di benefattore e di persecutore. “Ma oltre a influenzare i deliri dei ricoverati, il regime si mostra attento alla libertà dei (presunti) folli che reputa politicamente pericolosi. Specie se di lì a poco è prevista in provincia la visita del duce e ogni possibile minaccia all’ordine pubblico va attentamente prevenuta. Come quella rappresentata da Agnese P., domestica della Val di Maira, internata nella primavera del 1939 perché ‘affetta da sovreccitazione nervosa e manifestazioni maniache esplodenti in atti violenti contro terzi e in turpiloquio’. [...] Agnese P., riconosciuta ‘non competente di ricovero manicomiale’, viene dimessa quando il capo del fascismo lascia la provincia. Si tratta del suo primo e unico ricovero” (pp. 79-80). Con l’inizio della guerra e specialmente con il crescente peggioramento delle condizioni di vita, il manicomio di Racconigi, in una logica essenzialmente di tipo assistenziale, diventa un luogo di ricovero, spesso unica alternativa alla fame, od anche un vero rifugio (dalle deportazioni, ma anche dal fronte di guerra). L’analisi delle cartelle cliniche di quel periodo dice molte cose anche sulle conseguenze dirette della guerra sulla formulazione delle diagnosi (la cosiddetta “follia straordinaria”), oltre che sulla vita materiale degli internati. “Con l’irruzione della guerra nella vita quotidiana, le patologie che portano i civili in manicomio assumono nuove qualità. Punta più evidente di questo iceberg è l’aumento delle manifestazioni depressive. Emblematici sono i casi di donne, da tempo prive di notizie dei mariti e dei figli (prima inviati al fronte, poi dispersi a seguito dell’armistizio), che risultano afflitte da queste sindromi” (p. 137). Le storie, raccontate nelle cartelle, rappresentano assai bene la difficoltà, incontrata dagli storici, di definire con nettezza i ruoli e le responsabilità nelle condizioni eccezionali della guerra civile. Non sempre, in altri termini, emerge la chiara contrapposizione fra i cattivi (i nazifascisti) ed i buoni (i partigiani). A regnare, in quel contesto di violenza diffusa, è la confusione. Anche in questo manicomio, poi, i primi anni Quaranta vedono un aumento considerevole del tasso di mortalità (che qui passa dal 4% del 1940 all’8% del 1943). Non bisogna dimenticare, d’altra parte, che a Racconigi, dal 1942, vengono trasferiti diversi internati dai manicomi della regione (in massima parte da quelli del torinese), in seguito ai bombardamenti alleati. “Tra loro vi è Emiliana F. Gli effetti delle bombe, su una psiche già compromessa, emergono chiaramente tre giorni dopo il suo arrivo: ‘Notevolmente rallentata, confusa e disorientata, ha allucinazioni uditive, sente aeroplani che girano, sente gente che ride a squarciagola, senza si possa intendere il significato’ ” (p. 145). Non possiamo concludere senza accennare ai primi mesi del dopoguerra, con i tentativi (anche del mondo psichiatrico nello specifico) di un ritorno alla “normalità”. Almeno fino a tutto il 1947 le condizioni di vita al “Neuro” permangono molto difficili (freddo, fame, poca igiene). Con la Liberazione e l’inizio della Ricostruzione fanno la loro comparsa anche nuove figure di mediatori sociali, coloro che, dall’esterno, si interessano degli internati: ad esempio, appaiono l’Assistenza sociale di fabbrica della FIAT ed il Patronato ACLI). D’altra parte, è indubbio che “(…) la Liberazione non segna la fine delle ‘follie’ di guerra. Anzi, in alcuni casi è proprio la presunta quiete del dopo conflitto a far emergere quei fantasmi che l’emergenza, la lotta quotidiana per la sopravvivenza, le reticenze familiari ad abbandonare i congiunti, hanno in qualche modo sopito” (p. 162).

Francesco Paolella

1978 - 2008: trent'anni di Legge "Basaglia"

Memorie del manicomio
L'ospedale psichiatrico di Collegno a trent'anni dalla 180
A cura di Laurana Lajolo e Massimo Tornabene
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Collegno era il manicomio più grande del Piemonte, una città nella città, una fabbrica di tremila dipendenti che rappresentava un’essenziale risorsa economica. Il suo smantellamento ha aperto una crisi sociale dovuta al diretto contatto tra gli ex degenti e i cittadini, provocando, di fatto, problemi conflittuali inediti. Considerando le difficili condizioni complessive, lo smantellamento dell’ospedale psichiatrico di Collegno è diventato un caso emblematico di studio per le modalità di applicazione della legge e per la successiva trasformazione urbanistica e sociale dell’intera città. A trent’anni dall’applicazione della legge 180 del 1978 che ha riformato la psichiatria e i metodi di cura della malattia mentale, questo volume (risultato del progetto di ricerca storico didattica Memorie del manicomio: smantellamento e rifunzionalizzazione dell’ospedale psichiatrico di Collegno, progettato e finanziato dall’Assessorato per le politiche educative e la sicurezza del Comune e coordinato da Laurana Lajolo) testimonia come i cittadini collegnesi avessero a suo tempo reagito ai provvedimenti di integrazione sociale degli ex degenti e quale memoria hanno conservato del manicomio e delle procedure di smantellamento. Alla realizzazione del progetto di ricerca hanno partecipato insegnanti e allievi della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado della città, funzionari e dirigenti del Comune e operatori della cooperativa sociale Il Margine.
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Laurana Lajolo coordinatrice della ricerca Memorie del manicomio: smantellamento e rifunzionalizzazione dell’ospedale psichiatrico di Collegno, esperta di didattica della storia contemporanea e collaboratrice de La Stampa è direttrice della rivista culture e del Quaderno di storia contemporanea dell’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria.
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Massimo Tornabene si occupa di storia dell’assistenza psichiatrica. È dottorando in Storia delle istituzioni e della società nell’Europa contemporanea presso l’Università degli studi di Milano. Per questa collana ha pubblicato il volume La guerra dei matti. Il manicomio di Racconigi tra fascismo e Liberazione (2007).
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La pubblicazione di questo terzo volume della collana editoriale Assistenza, medicina, società è sostenuta dal Comune di Collegno (To)

Il manicomio di Racconigi e la sua storia

Ad un anno dalla presentazione del progetto editoriale Assistenza, medicina, società alla Fiera del Libro di Torino, pubblichiamo per l'attualità dei temi trattati l'intervento che in quella occasione propose Alessandro Vallarino, direttore della collana nonchè dirigente medico del Dipartimento di salute mentale dell'Asl 17 Fossano-Saluzzo Mondovì.

Ringrazio tutti voi per la vostra presenza che è un segno incoraggiante di interesse e curiosità per questa nostra iniziativa. Il dott. Gazzera per l’affettuoso sostegno che dà anche a questa parte del mio lavoro. I nostri illustri ospiti, gli editori, Alessandro e Fabrizio Dutto, la Fondazione del Libro per l’attenta disponibilità dimostrata. Massimo Moraglio, che oggi non può essere presente per cui lo sostituisco, e Massimo Tornabene per l’entusiasmo con cui hanno accolto le mie proposte. Ho molte cose da dire ma preferirei rispondere alle vostre domande. Il mio mestiere è la psichiatria clinica, mi occupo di persone e dei loro programmi terapeutici, di operatori, di un centro che ha sede in Racconigi dove si svolgono interventi di riabilitazione. Sono qui per partecipare alla presentazione di questi due volumi, che sono uno dei frutti locali di un rinnovato interesse per la storia recente della psichiatria, che è più generale tanto che, come sapete, di recente è arrivato su palcoscenici teatrali – penso ad Ascanio Celestini – e perfino al festival di Sanremo. Non ho mai lavorato in manicomio, ho iniziato ad occuparmi solo dieci anni fa di persone – pazienti e operatori - che ci hanno vissuto, anche a lungo, li ho incontrati nella fase di transizione del loro passaggio dalla vetusta istituzione al “nuovo”, inteso come un nuovo spazio di vita, nel territorio. Il mio interesse per la storia della psichiatria nasce allora: dalla curiosità di conoscere quali memorie custodiva quel luogo dove iniziavamo ad operare – il centro di cui vi dicevo ha sede nei locali che un tempo ospitavano il refettorio delle Suore in servizio al manicomio. Abbiamo recuperato dagli scantinati, letteralmente, mobili, archivi, cartelle cliniche, fotografie, pubblicazioni, il dott. Gazzera ha recuperato bobine girate in Super8 negli anni cinquanta. Di tutto questo è iniziato un paziente lavoro di recupero che negli anni ha dato luogo ad un progetto della Soprintendenza Archivistica del Piemonte, a tesi di laurea, ad una giornata del FAI che sotto la guida di Massimo Moraglio e Gianfranco Capello ha fatto un primo punto della situazione. Soprattutto abbiamo raccolto racconti, esperienze di ex degenti ed ex infermieri, e ci siamo preoccupati di due cose: da una parte integrare tutto questo scavo con il lavoro riabilitativo quotidiano e dall’altra offrire al pubblico i risultati di questa integrazione. Un gruppo di studenti universitari torinesi ha girato un cortometraggio, sotto la guida di un giovane regista racconigese, gli amici della compagnia teatrale Progetto Cantoregi hanno realizzato due produzioni di teatro sociale e teatro della memoria, accogliendo tra gli attori ex degenti ed ex infermieri. Ognuna di queste iniziative è stata favorita da un intenso riscontro, e devo dire che gli spazi del vecchio ospedale psichiatrico di Racconigi riscuotono una costante curiosità – penso ad esempio agli studenti dei corsi di laurea delle professioni sanitarie ed alle decine di visite guidate che mi hanno chiesto. Infine, abbiamo presentato il nostro progetto di ricerca sull’ex ospedale psichiatrico di Racconigi a Torino Capitale Mondiale del Libro con Roma, perché la storia e lo stato del Neuro ci sembravano emblematiche e rappresentative per l’intera provincia di Cuneo. Il problema degli ex ospedali psichiatrici oggi riguarda soprattutto il loro ri-uso: da questo punto di vista le potenzialità sono enormi, tanto quanto i problemi urbanistici che rappresentano e la mole di investimenti che la loro realizzazione richiede. Noi abbiamo avanzato qualche proposta: il parco dell’ex ospedale psichiatrico di Racconigi dal 2001, d’estate, accoglie una rassegna teatrale che mi pare sia in costante crescita, si chiama La Fabbrica delle Idee ed il titolo vuole omaggiare il passato – negli anni sessanta il sarcasmo dei racconigesi lo chiamava così – ma anche il presente – la necessaria propulsione creativa a pensare un futuro per questo luogo. Questi libri e le ricerche che stiamo progettando per il futuro sono un modo per dire che almeno una quota dei progetti di recupero di aree urbane come quella del manicomio di Racconigi, a nostro parere, dovrebbe essere rivolta al recupero della memoria. Perché vedete, lo scrivo meglio nell’introduzione al primo volume, non vale sostenere che è anacronistico o peggio pleonastico continuare ad occuparsi del manicomio, perché ormai non c’è più, è superato. Il manicomio non un è monolite, come dice Francesco Cassata nell’introduzione ad un altro bel libro di Massimo Moraglio, “né un apparato di oppressione classista privo di sfumature e contraddizioni, ma un luogo di molteplici conflitti e di divergenti scelte strategiche, in cui la tradizionale figura dello psichiatra, come unico capitano della nave dei folli, lascia il campo ad un mosaico di dinamiche, che comprende, oltre ai medici, i funzionari amministrativi, le pubbliche amministrazioni, gli ingegneri civili, i geometri, gli speculatori fondiari, i soggetti economici, i cittadini”. Come dice un altro amico e studioso di storia della psichiatria, Paolo Peloso, il manicomio è una realtà immanente, che nei rapporti tra assistenza, medicina e società, che è il titolo della collana generosamente inaugurata da Araba Fenice, può facilmente riprodursi nelle odierne pratiche quotidiane. Per questo motivo studiarlo non è un accessorio erudito ma un’imprescindibile fondamento della pratica. Il primo volume, Effimeri entusiasmi e quotidiane sofferenze, prova a raccontare il processo che ha condotto all’apertura ed al primissimo funzionamento del manicomio di Racconigi, nel lontano 1871 e proprio nella prospettiva di questi rapporti. Ma voi non sapete quale stupore ho provato accorgendomi di quanta attualità fossero intrise le pagine degli Atti del Consiglio Provinciale di Cuneo, le considerazioni che guidavano gli amministratori di allora nella scelta di aprire il manicomio. Un esempio su tutti, che forse non ha trovato posto nel volume: parla il consigliere Bernardi, la seduta è quella del 20 giugno 1870, deve spiegare agli altri consiglieri della Provincia, dubbiosi e preoccupati, il piano economico generale per l’impianto del manicomio: “la Commissione fu animata dai principii dell’economia e cercò di evitare lo spreco del denaro. È vero, elevò a cento il numero dei ricoverandi nel primo impianto. Ma nell’esame di tale questione non dobbiamo dimenticare che la Provincia è spinta da una grande necessità, non ha la libera scelta del meglio. Deve provvedere ad un congruo numero di letti, è una questione di umanità, per evitare ciò che accadde testè in Vicoforte, quando una maniaca rimase mesi in carcere, senza cura. Del resto, ad opera compiuta la spesa sarà di 80 mila lire, per ospitare tutti i 250 ricoverati a cui la Provincia ha stimato dovrà provvedere: ma un locale che conteneva 600 allievi dell’ex Collegio Militare oltre agli insegnanti, educatori e amministratori, sarà capace di almeno cinquecento maniaci, e così di riceverne a pensione dalle altre provincie, che hanno il problema del soprannumero. Ora si ritenga che il minimo della pensione, come si paga al manicomio di Torino, è di lire 1,25 al giorno, mentre altrove si paga anche di più, e si ritenga che il Governo corrisponde 99 centesimi al giorno agli ospedali per i militari infermi, con vantaggio degli stessi ospedali. Si ritenga infine che deve evitarsi il lusso e rimanere nella semplicità della cura e del vitto che corrisponde alla condizione sociale dei ricoverati, e sarà facile prevedere che la Provincia dovrà trarne guadagno”. A due anni dall’apertura del Manicomio, il numero dei ricoverati proveniente dalla sola provincia di Cuneo ascenderà a più di trecento, nel 1878 il saldo tra ammissioni e dimissioni raggiungerà a fine anno un’occupazione di quattrocento posti letto per superare i cinquecento nel 1892, con una spesa annua di 225.000 lire (il direttore medico ne guadagnava 500 al mese, un infermiere 30, un litro di vino costava 20 centesimi, chi poteva permetterselo per un giorno di ricovero pagava poco più di una lira) e con una progressione inarrestabile che renderà irrimediabilmente vano ogni sogno di guadagno. Da lì in avanti, per i successivi 120 anni, il manicomio rappresenterà un terribile problema per le finanze pubbliche, fino a che la sua definitiva chiusura (che non avvenne nel 1978 ma venti anni dopo) sarà sancita proprio da una legge finanziaria.
Alessandro Vallarino

Matti di fascismo, matti di guerra

Matti di fascismo, matti di guerra. Gli internati di Racconigi e la seconda guerra mondiale è il titolo del saggio di Massimo Tornabene pubblicato sul fascicolo numero 73 della rivista di storia contemporanea Passato e presente (Franco Angeli Edizioni). Lo studio sviluppa ed approfondisce alcuni dei nodi trattati dallo stesso autore nel volume La guerra dei matti edito nel 2007 da Araba Fenice Edizioni (per scaricare il saggio cliccare sul titolo del post).

Vittime di ieri e di oggi

Un confronto tra passato e presente: è quello proposto dal Circolo Enrico Berlinguer di Borgaro Torinese (To), martedì 26 febbraio 2008, alle ore 21, nella sede di Via Armando Diaz 15, con la presentazione del libro di Massimo Tornabene, La guerra dei matti. Il manicomio di Racconigi tra fascismo e Liberazione a cui parteciperà anche Marina Castellano, infermiera di Emergency volontaria in Afghanistan. Un incontro per riflettere sulle vittime delle guerre di ieri e di oggi.

Mostra del libro di Cavallermaggiore

Proseguono a ritmo serrato le presentazioni sul territorio cuneese dei primi due volumi della collana Assistenza, medicina, società. Sabato 8 dicembre, alle ore 15, sarà la volta della 14° edizione della Mostra del Libro di Cavallermaggiore, nell'ambito della quale, presso il Teatro San Giorgio, si terrà un incontro a cui è prevista la partecipazione di Massimo Moraglio, curatore di Effimeri entusiasmi, quotidiane sofferenze, di Massimo Tornabene, autore de La guerra dei matti e di Alessandro Vallarino, direttore della collana. Prenderà parte all'incontro anche Antonio Degiacomi, autore del recente Fratelli. Il partigiano e il podestà, anch'esso edito da Araba Fenice.

Referenze

Collana editoriale promossa dal Centro Studi Interdipartimentale in Psichiatria dei Dsm della Provincia di Cuneo. I volumi sono editi da Araba Fenice edizioni http://www.arabafenicelibri.it/ Per contatti: assistenza.medicina.societa@gmail.com